Il Natale è sobrio, il natale no.

In questi giorni assistiamo ad un dibattito bieco e stucchevole sulla festa di Natale. Ci sono gli oltranzisti del cenone che non vi vogliono rinunciare, costi quel che costi. Poi passiamo ai rigoristi, che sperano in un lockdown natalizio. Nel frattempo vi sono i vari commercianti che non possono pensare a un Natale senza consumi. Ed infinte c’è il governo che invoca un natale sobrio.

Il cenone di natale, da qualsiasi punto la si guardi è diventato un assillo di minnitiana memoria. Come se tutto girasse intorno a un convivio baldanzoso, come se la pandemia fosse un qualcosa di cui possiamo decidere i tempi e i modi. Peraltro perdendo di vista qualsiasi vero significato di questa festa.

Il Natale, per quanto negli ultimi anni sia diventata una manifestazione sacra del consumismo e dell’ipocrisia, è in realtà il compleanno di un povero bambino nato in una stalla da una donna vergine e un falegname, peraltro migranti e non solo, anche medio-orientali. Quel bimbo si chiamerà Gesù e cambierà per tanti i versi il mondo, tanto che gli anni si contano dalla sua nascita.

Ma non è questo il punto, o forse è proprio questo il punto. Gesù nasce povero, e per chi ci crede Gesù è Dio. Dio viene tra gli uomini, secondo le scritture, povero. E noi, per festeggiarlo, abbiamo fino ad ora comprato l’infinito, speso tutto quello che non avevamo, mangiato a dismisura, comprato il vestito migliore e mostrato di avere anche quello che non abbiamo.

Il Natale sobrio ci pare essere un ossimoro, ma invece dovrebbe essere definizione banale, scontata. Non può essere la festa del capitalismo sfrenato, ma quella della speranza e della fratellanza. E’ giusto incontrarsi con i propri cari, è giusto festeggiare, ma non è giusto tutto il resto.

Il Natale deve essere festa del necessario, non del superfluo. Gesù bambino aveva il necessario, o forse anche meno, e quello è ciò che viene evidenziato. Allora, visto che questa è la festa del necessario e del volersi bene, è importante che quest’anno sia vissuto in maniera ancora più rigorosa, senza neppure doverci pensare. Un Natale vero.

E allora, invece di dibattere inutilmente su stupide convinzioni solo per da sfogo al mercato, forse dovremmo pensare che finora abbiamo sbagliato e che questa sia l’opportunità per tornare indietro.

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